Un po’ Carl Brave - ma in questo caso le parole si capiscono tutte -, un po’ Tommaso Paradiso, un po’ Zero Assoluto, un po’ Mr Rain - ma senza il coro di bimbi -, un po’ Leo Gassman. La produzione musicale di Peter White ricorda diversi artisti. E questo è inevitabile, e anche sano verrebbe da dire, visto che nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma. E infatti Peter White trasforma e rielabora. Il suo stile moderno non scade, fortunatamente, nella banalizzazione dei testi o nelle rime alla trappettona - grazie Peter White, per non aver deciso di fare il trapper -, anche se ogni tanto un po’ pesantone lo è. Ma, come dicono al mio paese, l’è ul so bel: tradotto, è la sua peculiarità migliore.
Pietro Bianchi - va detto, con il nome d’arte non è stato molto fantasioso - è nato a Roma nel 1996 e il suo primo brano “famoso” porta la data del 2017. Un anno che ritorna anche in una sua canzone, una delle mie preferite della sua produzione a dire il vero, e cioè “Mercoledì, 2017”. Un brano che vi consiglio di ascoltare, insieme a “Birre chiare”, “Gibson rotte” - questi due meritano particolarmente - “Gondola”, “Saint Tropez” e “Foto mosse”.
Tanti i singoli che si possono trovare anche su Spotify, pubblicati soprattutto dal 2017 al 2020, mentre due sono gli album: “Primo appuntamento”, prodotto da Sugar, del 2019 e “Millisecondi”, a firma Sony/Epic Records, del 2022.
Perché ascoltare Peter White? Anzitutto per cercare di uscire dai canoni della musica disimpegnata attuale e inserirsi nel solco dei cantautori. E poi perché i testi sono, anche se a tratti - va ammesso -, molto interessanti e non scontati.
La scrittura di Peter White è buona e quando sperimenta anche musicalmente, come in “Gibson rotte” e nella nuovissima “Karaoke”, la formula risulta vincente. Il 27 ottobre esce il nuovo album, "Acqua e zucchero", e sono curiosissima di ascoltarlo. Ovviamente ve ne parlerò qui.
Stay tuned.